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INTERVISTA A CORI AMENTA

28 Novembre 2020
intervista cori amenta

Quando ho deciso di aprire la mia rubrica Pinkterviewssul blog è stato per mostrare le persone del mondo della bellezza e della moda da una prospettiva diversa: la mia. Volevo dare spazio a coloro che seguo e che ammiro, le persone che mi hanno ispirata e che continuano ad ispirarmi sotto tanti aspetti, e poter mostrare di ognuno di loro la persona dietro il personaggio.

Cori Amenta – nativa siciliana e milanese di adozione – è stata una delle prime che ho segnato nella mia lista rosa, perché non solo è una designer ed una stylist favolosa che ha rotto tantissimi cliché del fashion system, ma anche perché è stata una delle prime persone trans che ho conosciuto e che mi ha aiutata ad affrontare il mio processo di transizione con lo spirito giusto, quello di una guerriera. “Non voglio spacciarmi per donna, solo essere meravigliosamente trans” ha dichiarato una volta.

All’attivo ha una carriera brillante per i più importanti brand della moda, tantissime collaborazioni, una sua linea di scarpe (ha disegnato anche quelle per il matrimonio di Belen) e ha appena terminato di scattare la cover story per Harper’s Bazaar Brasile con la splendida modella trans Valentina Sampaio.

Insomma, Cori è una forza della natura, ma come tutti ha un lato più fragile: un attacco transfobico accaduto in aeroporto qualche giorno fa l’ha molto scossa, e l’ha raccontato in un video sui social.

L’ho voluta intervistare per capire cosa è successo e cosa significhi essere trans nel 2020.

Cori Amenta nasce da Vincenzo Corrado, il tuo nome di battesimo. Cosa ricordi della tua infanzia?

Ricordo la mia infanzia come un periodo estremamente complesso: mio padre, sindaco, era molto malato, morì che avevo 6 anni, e tutta la mia famiglia era distratta dal dovermi mantenere o educare senza mai capire cosa di cosa avessi bisogno realmente. L’unica è stata Mary, mia sorella, che da subito mi ha accudita e protetta.

Da una cittadina borghese siciliana alla capitale della moda italiana, Milano. Come è successo?

In famiglia erano cominciati degli screzi quando decisi che sarei andata all’istituto d’arte invece che al liceo classico. Dopo la maturità, mi sono trasferita a Milano per studiare moda, e da lì a poco la mia vita ha cominciato a prendere forma. Ho lavorato come designer in uffici stile molto prestigiosi, e dopo qualche anno ho cominciato a lavorare per molti brand internazionali. Da lì è partita la mia carriera come stylist e fashion editor per alcuni magazine, che porto avanti ancora oggi.  

A proposito di carriera, so che hai subito discriminazioni anche nel tuo lavoro, nonostante il mondo della moda sembri in apparenza così aperto alle diversità…

A dispetto di quanto si possa pensare, il mondo della moda è fortemente transfobico! A quei tempi lavoravo come stylist delle celebrities esclusiva per un marchio italiano famosissimo (di cui preferisco non fare il nome). Finché ero gay andava tutto bene, ero considerata affascinante, glamour, ma misteriosamente dopo 2 mesi dalla mia operazione di mastoplastica per fare il seno, sono stata licenziata in tronco. La motivazione è stata “esubero di personale”, anche se ero l’unica a fare il mio lavoro, ma vabbè… non voglio dire altro in proposito, se non che dopo lo scandalo di qualche anno fa queste persone hanno pagato con gli interessi… sarà il karma?

Dal 2012 disegni la tua linea di scarpe donna Cori Amenta, che ha permesso anche a chi ha piedi “impegnativi” sopra il 40 di poter indossare calzature da favola, come quelle di Cenerentola. Da cosa è scaturita questa idea?

L’idea è nata da un’esigenza: per il mio lavoro indossavo vestiti molto belli e importanti, ma le scarpe erano sempre “commerciali”, perché trovavo in giro calzature di pregio nel mio numero. Il problema, mi resi conto, non era solo mio, ma di anche molte modelle e celebrities altissime, che superavano il metro e ottanta e calzavano il 41 o il 42.

Una volta una di queste celebrity per cui lavoravo voleva le mie scarpe che mi ero disegnata da sola, così gliele ho fatto fare e da lì è cominciato tutto! Ho deciso di realizzare una collezione che ampliasse il range delle calzate fino al 45, in modo da permettere a chiunque di poter indossare calzature degne di questo nome. La collezione mi ha dato moltissime soddisfazioni, ma causa COVID al momento è in standby e spero possa riprendere il prima possibile.

Artwork By Marco Fabbri x The Lookmaker

Qualche giorno fa sei stata protagonista di uno sgradevole attacco di transfobia, di cui hai parlato in un video sfogo su Instagram che ha avuto 250.000 visualizzazioni e tantissime condivisioni in poche ore. Ti va di raccontarci cosa è successo?

Ero in Sicilia, all’aeroporto di Catania, pronta per tornare a casa a Milano. Quel giorno ero molto scossa perché avevo appena perso il cane, piangevo, non ero truccata, insomma, non uno dei miei momenti migliori. Quando arrivo al metal detector vengo fermata a causa di un anello che mi ero dimenticata di togliere e che aveva fatto suonare l’apparecchio, e mi si avvicina una persona della security per controllarmi. Quando si è reso conto che sono una donna transessuale, ha cominciato ad assumere un tono saccente e beffardo, a chiamare i colleghi per schernirmi, invitandoli ad accorrere perché c’era un “calamaro” – che nel dialetto siciliano significa “frocio” – pensando che essendo milanese non avrei capito. Lì per lì mi sono sentita spaesata, anche perché dietro di me c’erano tantissime persone catanesi che capivano perfettamente cosa stesse succedendo e che si riferivano a me, che ero io il “calamaro” in questione.

Come hai reagito?

La cosa che mi ha infastidita di più è che questo signore si è permesso di fare battutacce solo perché sono trans, tra l’altro facendosi forte del fatto che essendo milanese (secondo lui) non avrei potuto capirlo. All’inizio ho risposto a tono per fargli capire che avevo intesto la sua battuta infelice e me ne sono andata, ma poco dopo sono tornata indietro perché volevo fare un esposto per il suo comportamento. Mentre mi dirigevo alla polizia, però, mi accerchiata 5 o 6 persone, intimorendomi e dicendomi che avrei fatto meglio ad andare via. In Sicilia si parla tanto di mafia, ma io penso che la mafia sia uno stato d’animo, un modo di pensare, un modo di agire, l’omertà, il gruppo, il branco. É quella la mafia, ed è quello che mi spaventa. E la cosa che mi fa male è pensare che queste sono le persone che in teoria dovrebbero proteggerci…

Marco Fabbri x The Lookmaker

Parliamo un po’ di cose belle. Cosa c’è nel futuro di Cori Amenta?

In Estate uscirà una mia linea di oggetti d’arte in ceramica siciliana, in collaborazione con la storica azienda calatina Ligama. Ho creato degli oggetti unici nel loro genere, mixando le mie origini, il mio vissuto, le mie ossessioni, le mie manie e la mia transessualità, di cui vado molto fiera. Spero inoltre di poter aprire insieme a mia sorella Mary e al mio compagno con cui convivo da 10 anni una casa vacanze a Noto, se non altro come pretesto per tornarci più spesso.

Visto che si avvicina il Natale, cosa regaleresti al Vincenzo Corrado da parte di Cori oggi?

L’unico regalo che farei volentieri a Vincenzo Corrado e che so che gradirebbe tantissimo è un vaccino per il COVID da poter donare a sua madre – che misteriosamente è anche la mia – che ormai ha 86 anni ed io sono molto in ansia per lei. Questo è anche il motivo per cui probabilmente non scenderò in Sicilia per Natale, perché anche se sono sigillata in casa qui a Milano non vorrei mai le potesse accadere qualcosa di brutto.

Per il resto,  davvero non so cos’altro potrei regalare a Vincenzo Corrado; anzi, a pensarci è stato lui che ha regalato tutto – compresa la sua vita – a me.

enrica