
Facendo zapping tra i canali, l’altro giorno, mi sono imbattuta nella pubblicità di Junior Bake Off Italia, il programma di pasticceria amatoriale per bambini in onda su Real Time. La pubblicità annunciava una puntata speciale per Santa Lucia, intitolata “Maschi contro femmine”: una sfida all’ultimo dolce tra due squadre avversarie, composte appunto da “maschi” contro “femmine”. Guardando quella pubblicità, è riaffiorato il ricordo doloroso di quando a scuola o nelle associazioni ci dividevano in gruppi simili. Un duplice trauma per me, perché non sono venivo isolata dal gruppo di cui avrei voluto far parte – le “femmine” – quelle con cui sentivo di avere un sacco di interessi in comune, affinità, empatia, voglia di far parte di quel mondo – ma dall’altra parte ero anche costretta a stare con loro, i “maschi”, che parlavano di calcio, di macchinine e di mostriciattoli, oppure di loro, delle “femmine”, e io non sapevo mai che dire.
Mi sentivo sempre a disagio, fuori luogo, sentivo le loro occhiate beffarde e divertite su di me – su di me che ero diverso da loro, delicato, affabile, con le mie movenze femminee e i miei occhiali grandi.
Il “quattrocchi”. Il finocchio. Il frocio. Enrichetta, mi chiamavano, per deridermi.
A quei tempi amavo leggere, disegnare, cantare e ballare. Ero affascinata dai manga giapponesi e dalla magia, ascoltavo le Spice Girls e giocavo con le Barbie. E invece ero costretta a stare là, con loro, i “maschi”: un gruppo in cui non mi riconoscevo, in cui non mi identificavo, con cui non avevo nulla in comune e niente da dire, anzi, avevo anche paura a parlare per paura di essere presa in giro, o peggio, picchiata. E se pensate che sia esagerata, basta guardare le notizie di cronaca oggi, 20 anni dopo, per capire che la realtà non era tanto lontana dalle mie fantasie.
Ancora adesso, a ripensarci, mi vengono le lacrime agli occhi: avverto come allora quel senso di insoddisfazione, di frustrazione, di non-appartenenza, di isolamento e di timore, l’idea di essere sbagliato, diverso. Solo.
Volevo morire. E non è una frase fatta, detta così per dire: a volte desideravo davvero di morire, o quanto meno dissolvermi nel nulla, scappare, sparire, non essere mai nato. Un bambino di quell’età non dovrebbe pensare a queste cose. Un bambino di quell’età dovrebbe essere felice e spensierato, divertirsi, e vivere i giochi e le sfide in maniera positiva, non come una condanna a morte.
Se ripenso a come mi vergognavo a farmi vedere in giro, o durante l’ora di educazione fisica, quando i “maschi” giocavano a calcio fuori ed io rimanevo in palestra per giocare a pallavolo con le “femmine”.
Sapevo che ero effeminato, sapevo che mi prendevano in giro, sapevo che ridevano di me. Vivevo la gioia delle mie amiche e delle mie cugine che si preparavano, che si truccavano, che si compravano le borse ed i vestiti carini, e desideravo essere come loro; ed io magari mi mettevo il jeans nuovo e la mia maglietta più carina sperando di piacere al ragazzo di cui ero invaghita, e lui invece vedeva in me solo “il ricchione”
Io non parlo mai di sistema binario e non binario, di teoria del gender o di cos’altro, non amo fare la vittima o muovere a pietà: ma guardando quella pubblicità, quella puntata speciale di “maschi” contro “femmine”, ho provato un dolore vero, intenso, familiare. Ho immaginato un bambino dolce e delicato come me, come l’Enrico che sono stato, che si trova “per gioco” in una situazione che non solo non gli è idonea, ma addirittura gli è ostile. Un bambino impaurito, con gli occhi grandi spalancati del mondo, che si sente speciale e avrebbe tante cose da dire, fare, sognare, e invece sta là, zitto, per non attirare l’attenzione su di sè, per paura di esporsi, di essere se stesso, di vivere.
Se mi guardo alle spalle, tutte quelle cose ora mi sembrano distanti mille anni, eppure è bastata una stupida pubblicità a farmi rivivere tutti quei giorni infelici; e anche se oggi mi sento una donna piena, libera, intelligente e realizzata, una parte di me non potrà mai a fare a meno di sentirsi sempre quel ragazzino che aveva paura di tutto e tutti, che aveva un universo meraviglioso dentro di sé, ma aveva paura di mostrarlo. E se sono qui a raccontare la sua storia – che è anche la mia – è perché glielo devo. E perché, spero, nessuno più debba sentirsi così
Non do la colpa ai miei genitori di questo, anzi, loro mi hanno cresciuta nel modo migliore che potessero, standomi vicini in tutte le scelte e cercando di rendere l’impatto del mondo il meno devastante possibile su di me.
Se sono la donna forte che sono oggi e non ho permesso che quei bulli mi spezzassero la vita come l’hanno fatto ad altri, è anche grazie a loro. E grazie alla mia fantasia, che mi portava in luoghi bellissimi e inesplorati dove mi rifugiavo, sognando ad occhi aperti mondi più belli e più gentili.
Quindi, cari genitori, insegnanti, catechisti, animatori, vi invito a riflettere: pensate ai vostri bambini, ai vostri ragazzi. Non cercate di forzarli in un gruppo o una categoria per qualcosa che non dipende da loro, come il sesso ed il genere con cui sono nati, ma provate a parlare con loro, chiedetegli cosa preferiscono, se si sentono a loro agio, se hanno vergogna. Non intrappolateli in una vita che non è la loro, dategli delle regole e un’educazione, ma permettetegli di essere gli esseri meravigliosi che sono, liberi di potersi esprimere, di poter scegliere, di poter dire la loro. Insegnategli ad essere forti, ma rispettate le loro fragilità. E insegnategli a rispettare quella degli altri.
Potrà sembrarvi un pochino esagerato che una semplice gara di pasticceria tra bambini abbia rievocato in me tutto questo, ma credetemi: quello che per voi è un gioco, per loro è la vita. Ed io ci ho messo a 32 anni per capire che io non ero contro le femmine, ma ero con le femmine, ero una di loro. E quando gli altri, i “maschi”, mi prendevano in giro, non ero io a dovermi vergognare.


Antonio
11 Dicembre 2019 a 22:09Sei SPECIALE ?
Mina Masotina
11 Dicembre 2019 a 22:44IMMENSA ? non ci siamo neanche mai incontrate, ma ti voglio bene.
Enrica Scielzo
11 Dicembre 2019 a 22:46grazie Mina, che carina che sei!
Enrica Scielzo
11 Dicembre 2019 a 22:46?
Kiby
11 Dicembre 2019 a 22:52Bellissimo post, fa molto riflettere.. Ma non solo per categoria maschi-femmine ma in tutte quelle in cui la societ? ti fa desiderare di voler rientraci per sentirti 'accettata'
Enrica Scielzo
11 Dicembre 2019 a 23:46grazie mille, sono contenta che ti sia piaciuto!
Pier
12 Dicembre 2019 a 08:14Sei capace di regalare emozioni a chiunque ti legga! Ed a me apri ogni volta il cuore! ??
Ilaria ?
12 Dicembre 2019 a 09:56BRAVA ENRIE!Spero che le due parole siano di aiuto a tutti quei ragazzi che vivono quello che hai provato tu!CONTINUA COS?..IN TUTTO!! Nel tuo lavoro e nella tua umanit?! Anche per questo sono una tua follower!?
Lady Charlotte
12 Dicembre 2019 a 13:48Praticamente un vademecum.. nel quale mi rivedo in tante cose se no nel tuo immenso coraggio ???
Unknown
12 Dicembre 2019 a 17:26Posso solo immaginare come ti sentivi e al pensiero abbraccierei Enrico e gli direi semplicemente: Andr? tutto bene, sii sempre te stesso????
Unknown
23 Dicembre 2019 a 17:02Cara Enrica ho letto la tua storia cosa dirti viviamo in un modo d'ignoranti, la vita ? un dono. Non siamo tutti uguali questo ? un bene ma non bisogna offendere chi ci sta accanto siamo tutti persone speciali ma molti non lo capiscono ed offendono. Noi ci conosciamo anche se poco ma dal poco posso confermare Enrica che sei una bella e brava persona. La tua famiglia ? fantascica ci incontriamo spesso quindi vivi la tua vita tu sei una bellissima farfalla hai fatto un mutamento incredibile. Non mi riferisco all'aspetto fisico ma alto essere spirituale un'asoetto molto importante anche questo. Quindi vivi a pieno la tua vita fregatene di chi non ti rispetta non sanno quello che perdono.