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ASTENERSI DALL’ASTERISCO

3 Settembre 2021

Molte persone mi chiedono cosane penso dell’utilizzo dell’asterisco come segno di “inclusività” e perché non lo adotto quando scrivo sui miei social. Avevo scritto questo pezzo più di un anno fa e avrebbe dovuto far parte del mio libro “Diario di una trans” in uscita in Autunno, ma poiché è stato eliminato per scelte editoriali ho deciso di pubblicarlo qui sul mio blog per spiegarvi il mio punto di vista sulla questione.


Quando vedo qualcuno che scrive con l’asterisco, mi sale l’orticaria. Avete presente? Ciao a tutt*. Con l’asterisco lì, alla fine, che dovrebbe essere il simbolo politically correct, dell’inclusività, per essere neutrali e non offendere nessuno. Ma ciao a tutt* di cosa, penso io? Ma stiamo scherzando? Il problema è proprio questo: per essere politically correct stiamo rasentando l’orlo della follia collettiva, scadendo anche nel ridicolo. Come in questo caso. Perché dicendo “ciao a tutti” non stiamo offendendo proprio nessuno. Né tantomeno stiamo “etichettando” alcuno con una connotazione maschile. Ciao a tutti significa: ciao a tutti i presenti. Ciao a tutti gli ascoltatori. Ciao a tutti coloro che ci stanno leggendo. Non ha niente a che vedere con il sesso o l’orientamento sessuale del pubblico, perché farne diventare una questione di genere allora? A mio avviso utilizzare tutt* invece di tutti va a sottolineare una diversità, invece di appianarla.

IL SOLE E LA LUNA

So che per alcuni di voi probabilmente sarà uno shock, ma in italiano esiste il genere, così come nella maggior parte delle lingue di tutto il mondo. Se diciamo “la Luna”, stiamo dicendo che la Luna è un’entità femminile? E perché? La Luna è un satellite come tanti altri, ed essendo un satellite dovrebbe avere genere maschile. O se proprio volessimo essere precisi, essendo una cosa (che non ha sesso) dovrebbe avere genere neutro.

Bè, pensate che in alcune lingue “luna” è una parola di genere maschile. Addirittura, Moon è un nome che in America si può dare a un uomo (tutti i seguaci della coppia di youtuber Mr. Kate lo sapranno). Semplicemente, per gli antichi Romani Apollo era il dio del Sole e Selene e Artemide le divinità della Luna, e quindi per noi il sole è rimasto maschile e la luna femminile. Ma nella tradizione nordica, o in quella egizia, il Dio della Luna era maschio. Si tratta di retaggio culturale. Tutto qui. Allo stesso modo la bellezza, la leggiadria, l’eleganza, la gentilezza, la stupidità sono sostantivi femminili. Questo vuol dire che sono qualità esclusivamente femminili? Un uomo non può essere bello, leggiadro, elegante, gentile o stupido? Ovviamente no. Sapeste quanti uomini stupidi ho incontrato nella mia vita! Ma, come dicevo prima, non c’entra niente con il sesso o la sessualità.


Il problema non è la voglia di essere inclusivi. Quello è apprezzabile, anzi, sono la prima a dire da anni che nell’italiano contemporaneo ci vorrebbe un genere neutro come – tra l’altro – già esisteva in latino. In una lingua che ha solo maschile e femminile, non esiste una terza via. Se non è l’uno, e l’altro. E l’asterisco non è una soluzione a questo gap, ma un palliativo. Soprattutto quando chi scrive ciao a tutt* poi parlando dice “ciao a tutti”. Allora lì mi sento presa per i fondelli. Lì c’è qualcosa che non va. Perché l’asterisco non si può pronunciare ed è un dato di fatto, e quindi come va a risolvere un problema in una lingua che è perlopiù orale?

LA SCHWA

Non si può scrivere tutt* e poi continuare a utilizzare i pronomi tipo lui e lei. Mai visto nessuno che scrivesse l*i. O loro, come hanno democraticamente deciso di utilizzare gli anglofoni. Che poi, una frase di senso compiuto, come la formuli senza sgarrare? Tipo l* mi* amic* Angel*, immaginando che Angela (o Angelo?) si definisca non binario. Oppure “oggi dovrebbe venire il/la postin* a consegnarmi la lettera – (che poi perché la lettera è femminile? Non è scorretto nei confronti degli uomini? Perché la lettera e non il lettero? O letter*?)

Da linguista, a mio avviso avrebbe più senso adottare la schwa che, almeno, è un suono a cui corrisponde un morfema (ə) già utilizzato nell’alfabeto fonetico internazionale per indicare suoni che emettiamo come “ehm”, e che viene già utilizzando in tantissime trascrizioni di parole dialettali (penso all’assajə napoletano). Però vi prego: asteniamoci dagli asterischi. Al di là di tutti i problemi che possono dare in un’epoca digitale fatta di password e codici dove anche la lettera maiuscola e quella minuscola fanno la differenza, non sarebbe più bello, più franco e onesto se cambiasse la lingua? Se si evolvesse con noi, col mondo in cui viviamo, e che costruiamo giorno per giorno? La verità è che l’italiano è una lingua meravigliosa, che purtroppo però dal 1400 in poi si è evoluta poco e niente. L’innovazione più clamorosa che abbiamo avuto negli ultimi decenni è stata l’introduzione del termine “petaloso”, il che è tutto dire!

Una foto tratta dal profilo Twitter dell’Accademia della Crusca, Roma, 24 Fbbraio 2016. +++ ATTENZIONE LA FOTO NON PUO’ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L’AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA +++

L’italiano è una lingua che non si presta al nuovo mondo, alle nuove professioni, alle nuove identità, alle nuove tecnologie. È il riflesso di una società stagnante e perbenista che non va mai realmente avanti, ma fa solo finta. E l’asterisco ne è l’ultima, patetica moda per tentare di essere inclusivi senza voler realmente risolvere il problema all’origine. Non abbiamo una parola per dire “prendere in prestito”. Non c’è un equivalente di blogger o blog in italiano, ma neanche di smartphone. O transgender. Influencer. Happy hour. Stylist. Showroom. Wanderlust. Check-in. Boxer. Wi-fi. Internet. Garage. Pin-up. Deejay. Marketing. Persino di escort non abbiamo un equivalente in italiano, eppure è una figura professionale molto di rilievo nel nostro Paese. Usiamo il mouse del computer ogni giorno, e non abbiamo una parola per designarlo.
In una società dove andiamo tutti di corsa la lingua dovrebbe permetterci di esprimere concetti efficaci nel minor tempo possibile, e invece no, ci siamo addormentati sugli allori della corona di Dante Alighieri e da lì non ci siamo mossi.

In inglese ogni giorno si inventano parole nuove. Addirittura creano verbi quando mancano partendo da un sostantivo, come to salsa, ballare la salsa. Gli spagnoli, invece, traducono tutto: per loro la blogger è la bloguera, l’hot dog è il perrito caliente e il computer diventa el ordenador. Noi invece diciamo ancora computer, e non abbiamo altro modo di descriverlo se non con una parola straniera (derivata dal latino tra l’altro: che beffa)!.

Quindi a tutti i professoroni e i Draghi che si chiedono perché utilizziamo parole straniere, la risposta è questa: perché non abbiamo equivalenti italiani. E questo si riflette sulla nostra cultura, che non riesce a definire concetti ormai essenziali nella nostra lingua madre.

Non è che nel resto nel mondo questo non accada: potete parlare di un’opera che avete visto a teatro con un amico di Londra, o ordinare una pizza a Dubai. Molte delle nostre parole – soprattutto quelle del campo dell’arte, della musica o della cucina (“soprano”, “salame”, “pasta”, “broccoli”, “zucchini”, “graffiti”, “affresco”, “a cappella”) vengono utilizzate correntemente in altre lingue. Il problema, quindi, non è quando si utilizzano parole straniere, ma quando la tua lingua non ti dà gli strumenti necessari per esprimere anche i concetti più semplici. Noi riusciamo a pensare a seconda dei vocaboli che utilizziamo.

Io quando sono nel letto mi invento parole nuove. Tipo profondamentale. Qualcosa che è profondo è fondamentale. Per esempio, l’amore è profondamentale per tutti noi. Oppure gelostalgia. Che è un po’ un insieme di gelosia e di nostalgia. Credo sia il sentimento che meglio mi descrive, la gelostalgia. Siete mai stati gelosi di un epoca passata, di qualcosa che non avete vissuto? Avete mai detto “Come mi sarebbe piaciuto nascere negli anni ’50!”, o nell’Antica Roma? Quando state con qualcuno e vedete le sue foto vecchie, vi è mai capitato di pensare “Avrei voluto conoscerlo già allora”, o provare una fitta di antagonismo per la sua ex dell’Università anche se nemmeno la conoscevate? Ecco, quella è la gelostalgia. Quella fitta allo stomaco che ti prende, la sensazione di esserti lasciato scappare qualcosa, di aver perso un’opportunità che in realtà non ti si è nemmeno mai presentata. Un sentimento totalmente irrazionale, il più folle di tutti forse, perché è la gelosia nei confronti di qualcosa che non hai mai avuto, né mai avresti potuto avere. Mi prende spesso, la gelostalgia.

La lingua è come un animale che nasce, cresce e muore. Non è una cosa rigida e statica, ma un concetto fluido che si evolve e rispecchia la società. O almeno, così dovrebbe essere. Ma noi, di evoluzione, noi non me vogliamo sapere. Vogliamo fare gli accademici della Crusca. Vogliano proteggere le tradizioni. Vogliamo seguire le regole alla lettera (gli italiani? ma quando?), ignorando il fatto che se oggi parliamo così è proprio perché Dante ha avuto il coraggio di contravvenire a tutte le regole e scrivere un’opera in volgare, e non in latino, cambiando per sempre la storia della lingua italiana. “Ahi serva Italia, di dolore ostello”, scriveva lui “nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello!”. E da allora, penso, che non è cambiato poi così tanto. 

Statemi a sentire: l’asterisco è una presa per il culo. È come spruzzare il profumo dopo aver fatto una scoreggia. Aggira l’ostacolo, ma non lo affronta. A questo punto avrebbe più senso adottare la U come genere neutro proprio come si faceva in latino: ciao a tuttu! Sa un po’ di lu mare e lu vientu, ma almeno ha più senso questo che un simbolo che non fa neanche parte di nessun alfabeto. L’asterisco è solo un modo di farvi fessi e contenti. O fess* e content*, se preferite.

  • Elisa Parisi Diaz
    3 Settembre 2021 a 21:29

    Ti ammiro e ti seguo già da tanto e la stima che nutro nei tuoi confronti non smette mai di crescere ogni giorno..un articolo eccezionale Enrica, un inno alla nostra lingua e alla sua lunga storia che purtroppo come hai ben detto tu da Dante in poi si è arenata, da madrelingua spagnola ho inoltre apprezzato la tua riflessione sulle altre lingue e condivido con te ogni tua singola riflessione. Concordo NO ASTERISCO!!! Aggiungo anche da insegnante di latino che i Romani con l’uso del neutro come tu hai detto erano già avanti a noi anni luce 👏👏😘❤️